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Mah...è chiaro che sono cominciati i Mondiali?!...


Dane
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cazzo la gara che stanno facendo vedere adesso in realtà non è nient'altro che il bike porn!

Pe davero!il look della tizia francese mi ha turbato parecchio

Un altra cosa che mi ha colpito e' come cambi il set up per ogni singolo atleta, soprattutto per quel che riguarda la zona manubrio

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Si piu che altro le ragazze mi sa che spaccano le noci di cocco con l'interno coscia XD

EDIT invece per le ruote che siano razze o lenticchia e' solo strapotere mavic

Modificato da EcoBalle (visualizza cornologia modifica)
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beccatevi questa

E l'australiano in semifinale?

Pare stesse cantando "I believe I can Fly"

 

beh ma dici quello che è stato buttato fuori dal malese?

na bella infamata ha subito XD

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la canadese nella gara a punti sembrerebbe "un bel bocconcino"...

 

e i look con i colori cinesi li trovo stupendi

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Mondiali su pista Cali 2014: Castegnaro ultimo, viva Castegnaro! - I perché dell'ennesima Caporetto azzurra

  

Francesco Castegnaro, promessa del ciclismo italiano © BettiniphotoQuesta storia inizia da lontano. Inizia dal 1994, anno in cui l'Italia ospitava per l'ultima volta i Mondiali su pista, e in cui dalle parti di Verona veniva alla luce Francesco Castegnaro. Nell'arco di due decenni il virgulto veneto e i Mondiali su pista si sono venuti incontro, fino ad incrociarsi in questi ultimi due giorni colombiani. Nel frattempo, ne sono successe di cose, sia nella vita del ragazzo, che nella storia del ciclismo su pista - e più in particolare del ciclismo su pista italiano.
Francesco, crescendo, s'è fatto corridore, e in queste vesti ha scoperto nel periodo adolescenziale la passione per la pista. Ha vinto diversi titoli italiani: nel 2010, da allievo, ne conquistò quattro tutti in una volta (Inseguimento individuale e a squadre, Corsa a punti, Americana), facendo gridare al piccolo fenomeno; due anni più tardi, nel 2012, confermò il suo valore andando a conquistare il titolo dello Scratch ai Campionati Europei Juniores. Ora fa il dilettante nella Palazzago e continua a gareggiare in pista, e nell'ultima stagione è arrivato alla nazionale maggiore.

Ecco, la nazionale maggiore. Nel citato 1994, l'Italia vinse tre bronzi a Palermo (la sede dei Mondiali): uno con Paris nel Keirin e due in due discipline che il giorno dopo vennero estromesse dal programma iridato (andarono a podio Tresin nel Mezzofondo e Paris&Chiappa nel Tandem). All'epoca, rispetto ad oggi, non avevamo ancora lo Scratch, né l'Omnium, né la Velocità a squadre, né la Madison; e le donne gareggiavano in appena tre competizioni (Velocità, Inseguimento individuale e Corsa a punti).
La pista italiana, seppur subalterna alla scuola francese, trovava comunque il modo di farsi valere, sia nelle discipline più specialistiche che - di lì a poco - in quelle endurance: dobbiamo ricordare i trionfi olimpici di Martinello nella Corsa a punti e di Collinelli e Bellutti nell'Inseguimento, e le molteplici vittorie ai Mondiali (per un biennio, 1996-'97, abbiamo dominato col quartetto degli inseguitori, nel periodo in cui con lo stesso Martinello in coppia con Villa eravamo la stella polare dell'Americana)? No, non dobbiamo ricordarlo, è un periodo d'oro che tutti hanno ben stampato in mente.

Da allora la pista azzurra ha conosciuto un'inarrestabile discesa. Peggio ancora: un'inarrestata discesa, nel senso che la picchiata prosegue in queste stesse ore, e non ci sembra di scorgere, da questi Mondiali di Cali, segnali che possano suggerirci miglioramenti sensibili nel breve-medio termine. Da anni, da quando l'esimio Gian Carlo Ceruti demolì il settore liquidandolo con un vergognoso accostamento dei pistard all'omino Michelin, la situazione s'è fatta sempre più insostenibile.
Se si facesse una finalissima per stabilire chi sia stato il peggior presidente federale del ciclismo italiano, Ceruti sarebbe certamente in lizza; il nostro problema è che se la vedrebbe col suo successore, Renato Di Rocco; e il problema ancor più grave è che tale successore è in carica tutt'oggi. Che cosa ha fatto Di Rocco per rianimare la pista azzurra, nei 9 anni in cui ha fin qui retto la FCI? Al di là di nascondersi dietro la carenza di strutture (alibi che è però caduto da quando è stato inaugurato il velodromo di Montichiari, nel 2009), l'unico suo passo significativo è stato di incaricare Silvio Martinello di mettere a punto un progetto di rilancio del settore. L'ex olimpionico mise a punto il progetto, che venne accolto da fanfare nel 2006 e accantonato già nel 2007. Se ne parlate ancora oggi con Silvio, rischiate di vedergli scoppiare un attacco di orticaria in diretta.

Non c'era, in sede FCI, non c'è e non ci sarà (almeno finché dura questa gestione dirocchiana) la volontà di attuare una vera svolta nella pista. E così, mentre in questi ultimi 8 anni abbiamo visto nazioni come Gran Bretagna, Australia, Canada, ma anche Danimarca, Irlanda, Nuova Zelanda, superarci a velocità quadrupla e raccogliere medaglie su medaglie in tutte le manifestazioni più importanti e in tutte le discipline, noi siamo rimasti al palo. Siamo rimasti ai singoli, e alcuni di loro, eccelsi, in questi anni ci hanno pure regalato qualche sorriso: due titoli nella Corsa a punti femminile con Vera Carrara (che conquistò nel tempo anche un argento e un bronzo), un'altra maglia iridata - sempre nella Corsa a punti - con Giorgia Bronzini (che in seguito ha conquistato due bronzi), due argenti nel Keirin con Elisa Frisoni (coeva della Carrara, parliamo di metà anni '00) e, unica medaglia maschile negli ultimi 15 anni, l'argento di Elia Viviani nello Scratch, nel 2011.
Ma il problema di affidarsi ai singoli o al colpo d'ala estemporaneo è che non si può dare continuità ai risultati, perché il giorno in cui il singolo non è in vena (vedi Viviani ieri nella Corsa a punti) rimaniamo con un pugno di mosche in mano. Abbiamo bacchettato Elia per la sua giornata no, scatenando pure le ire di molti suoi tifosi (take it easy, ragazzi, il diritto di critica ha ancora cittadinanza in questo paese), ma ben sappiamo che il veronese è quasi un unicum nel panorama ciclistico maschile: chi altri, per anni, ha continuato a provare a fare seriamente doppia attività, strada+pista, dividendosi faticosamente tra squadra di club e nazionale? Nessuno. Ci sarà un motivo?

Nei ciclismi avanzati, la selezione viene fatta a monte, lavorando sui giovani. Tutti i ragazzi vengono instradati alla multidisciplinarietà, dopodiché arriva un punto (diciamo tra i 20 e i 22 anni?) in cui, in base alle caratteristiche di ognuno, alle potenzialità, alle capacità, si fanno delle scelte: tu continua a fare strada, tu invece fai pista, tu altro vatti a trovare un lavoro perché il ciclismo non fa per te. Chi fa strada, naviga verso il professionismo e le sue regole. Chi fa pista, ha invece la garanzia di poter essere supportato da progetti federali che, grazie a sponsor, strutture e risorse umane messe a disposizione dai "governi" del ciclismo, permettono di fare fulgide e lunghe carriere sugli anelli di tutto il mondo, portando in cambio le tanto sospirate medaglie.
Andate a scorrere, cari lettori, le varie startlist delle gare di Cali (quelle maschili, tra le donne la situazione è appena più sfumata): trovate altri professionisti della strada oltre a Viviani e Coledan? Intendiamo professionisti veri, di quelli che poi faranno la Sanremo e il Giro d'Italia, non semiprofessionisti di squadre Continental. E intendiamo professionisti avviati, non appena arrivati al ciclismo maggiore (come il danese Hansen o il colombiano Ávila, che presto o tardi - vedrete - faranno anche loro una scelta: di qui o di là).

Il ciclismo su pista ha bisogno di impegno e dedizione, e soprattutto di grande specializzazione, principalmente in discipline come la Velocità. Se fai questo, non puoi fare al contempo la strada, perché tra l'altro sviluppi una muscolatura che non te lo permetterebbe. Non vogliamo qui discutere se sia un bene o un male, tale iperspecializzazione, ma è un dato di fatto: esiste, e ci si deve fare i conti, se si vuole emergere nel proprio settore.
Non è un caso che l'Italia sia scomparsa dalle gare veloci: ma chi me la fa fare, a me Andrea Guardini, che potrei essere un dio della pista, di sprecare la mia carriera per avere in cambio quasi niente? Meglio andare a correre su strada, vincere tante corse in Malesia, staccarmi su quasi tutte le salite del ciclismo maggiore, ma trovare anche la giornata di grazia per conquistare una tappa al Giro d'Italia. C'è paragone? La popolarità del Giro contro l'anonimato della pista italiana. I soldi guadagnati nell'Astana contro il nulla dei rimborsini federali.

No, non c'è paragone. Ci sarebbe se la Federazione trovasse il modo di instaurare un circuito virtuoso, per cui anche il pistard della situazione, pur se non vincerà mai una tappa al Giro (o anzi, nemmeno ci parteciperà mai, alla corsa rosa), può avere soldi e gloria vincendo volate e keirin e inseguimenti in pista (e dando di conseguenza medaglie e lustro al movimento italiano).
E qui torniamo al bravo e sballottolato Francesco Castegnaro. Quando oggi l'abbiamo visto faticare per tenere le ruote del gruppo nella volata dello Scratch all'interno dell'Omnium, ci si è stretto il cuore. Lo Scratch che era la sua disciplina (campione europeo due anni fa, ripetiamo) lo respingeva, al cospetto di corridori troppo più scafati, più specializzati, più capaci di stare in pista ai livelli massimi. L'Omnium di Castegnaro è stato realmente imbarazzante: terz'ultimo nel Giro lanciato, 12esimo nella Corsa a punti, ultimo nell'Eliminazione, penultimo nell'Inseguimento, terz'ultimo nello Scratch, ultimo nel Chilometro. Totale, ultimo posto assoluto, nel solco della tradizione peraltro (anche nel 2013 fummo ultimi nell'Omnium con Paolo Simion).

Ma non è colpa di Castegnaro, così come non era un anno fa colpa di Simion e non sarebbe colpa di Consonni (il campione italiano di specialità), se partecipasse raccogliendo pure lui le ragnatele. Castegnaro non è, oggi, un corridore sfigato, tutt'altro. È un corridore bravo, con attitudine, che suo malgrado diventa il simbolo del dissennato scialo federale. Un 19enne che viene gettato nella mischia (e magari si brucia) perché non c'è di meglio, perché non abbiamo il pistard 23enne o 25enne o 28enne o 32enne che si dedichi tout-court alla pista, seguito in tutto e per tutto, sostenuto, aiutato, allenato al meglio.
Perché, onestamente, che cosa c'è, intorno a Viviani e Coledan? Praticamente il nulla. Non è un caso che alle ultime Olimpiadi ci siamo presentati con un solo atleta (lo stesso Elia), un fatto a cui non si può accostare altro aggettivo che "vergognoso". Vergognoso per un paese che nel ciclismo ha la storia e la tradizione dell'Italia.

All'orizzonte, purtroppo, non si vedono cambiamenti di linea. Possiamo pure denunciare sistematicamente l'andazzo (come facciamo da anni), ma nulla muterà: si proseguirà così, col tirare a campare, restando aggrappati a chi ci prova ancora (a far coesistere la pista con la strada), a costo magari di non trovare una dimensione da vincente né da una parte né dall'altra; e continuando a invidiare gli altri paesi, le altre federazioni, gli altrui progetti.

E allora, oggi, non è Francesco Castegnaro, buttato in una sfida più grande delle sue possibilità (poi domani parleremo pure di certe scelte dei ct Villa e Salvoldi), ad essere arrivato ultimo nell'Omnium. In quella posizione si è piazzato semmai il ciclismo italiano, con la divisa della Federazione (non dell'Italia!) e con l'animo stravaccato di chi la dirige. Castegnaro ultimo? Viva Castegnaro!

Marco Grassi

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Raisport2 si è dimenticata dei mondiali...nè ieri nè oggi hanno messo in programmazione le repliche a ora di pranzo!!! :(

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Raisport2 si è dimenticata dei mondiali...nè ieri nè oggi hanno messo in programmazione le repliche a ora di pranzo!!! :(

Ieri e oggi  hanno trasmesso i mondiali dalle otto di mattina....

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Raisport2 si è dimenticata dei mondiali...nè ieri nè oggi hanno messo in programmazione le repliche a ora di pranzo!!! :(

Ieri e oggi  hanno trasmesso i mondiali dalle otto di mattina....

 

ma sulla programmazione c'è scritto che oggi hanno trasmesso la prima giornata....come se avessero fatto le repliche! :(

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