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Huesca-Huelva 2016: nomi simili per città distanti


Revo
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@Righe Condivido ciò che dici: ci sono sicuramente altre modalità per viversi o vedersi i luoghi che si attraversano. In questo caso la mia intenzione era quella di unire una bella pedalata ad un po' di viaggio. Dovevo tornare al Sud, e ho preferito farlo nel modo più rapido possibile, nei limiti delle velocità raggiungibili da me in bici. Mi sono viziato a livello culinario, cercando di tenere come tappa fissa un'osteria la sera in cui spiluccare una tapa del piatto locale, ingurgitare tisane, parlare con la gente. E durante il giorno un paio di tappe brevi nei posti che mi attiravano di più. Nei piani c'era comunque l'intenzione di evitare le città grosse, che magari toccherò in futuro (motivo per cui tra Zaragoza e Córdoba sono passato solo per paesini e campagne sterminate). Volevo vedermi la parte interna, dove a livello turistico "non c'è niente da vedere" e far andare un po' la testa, tra Cervantes, canzoni trash e riflessioni mie.

@Visconte Cobram credo che, per quanto riguarda il dislivello, Strava si sia fatto prendere un po' la mano. Di salita ne ho fatta parecchia, però lo scarto rispetto a ciò che dice Google è sensibile.

Ah, con la gomma rattoppata così ho fatto duecento chilometri, probabilmente ne avrebbe sopportati di più ma non mi andava di cercare il limite e senza tutti quegli ammennicoli pedalavo faticando un po' meno.

@Fuser è una KTM

 

Grazie a tutti quanti. Sì, la Spagna merita una pedalata, e ha sicuramente posti anche molto più particolari da vedere, pensatevela!

 

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Bravo davvero, letto tutto d'un fiato. Bella storia, mi hai messo la pulce.

Una sola domanda: che rapporto è? 

EDIT: mi sono risposto da solo

Modificato da OmarRIMP (visualizza cornologia modifica)
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3 minutes ago, OmarRIMP said:

[...]

che rapporto è? 

39/14, ha uno sviluppo metrico di poco superiore ad un 47/17, sempre attorno ai 5,8mt.

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1) moar disegni

2) coda parafango rosa :D

3) ecco il momento preciso di arrivo a destinazione

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4) moar musica trash

(mitico! non ho altro di insensato da dire se non un "sempre più in alto")

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10 ore fa, Revo ha scritto:

Buondì,

ritorno con uno dei miei messaggi chilometrici per raccontarvi una scampagnata che mi sono fatto qui in Spagna un paio di settimane fa. Avevo aperto la discussione sulle mie scorribande iberiche che alla fine non ho mai aggiornato, ma qui vorrei aprire un topic apposito.

Visto che prevedo uno sproloquio immane, lascio subito il riassunto a disegni per i più pigri (o privi di tempo); tutti gli altri sono avvertiti, dopo la foto ha inizio il racconto.

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È da quando mi sono trasferito quaggiù, nell'estremo Sud della penisola iberica, che mi frullava per la testa l'idea di tornare in Italia in bici ad agosto, poi ho realizzato che sarò sommerso di lavoro in quel mese e, complice

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che segnalò qualche mese fa la Pantumacona, critical mass interplanetaria barcellonese, ho partorito un piano alternativo.

Finito il periodo più accademicamente caldo, esaurite le ore di tirocinio, compro un biglietto, impacchetto la Olmo e intraprendo un viaggio in bus apocalittico di venti ore verso la capitale catalana, attraversando luoghi sperduti a velocità Stravabili. Arrivo nella città delle ramblas all'alba di un giorno qualunque, reincontro vecchi amici e conosco nuova gente, girovago per festicciuole e cascine, partecipo alla tanto agognata Pantumacona e, all'alba di un altro giorno qualunque, abbandono la città delle ramblas diretto verso la comunità autonoma di Aragona.

Questo è il giorno zero del viaggio, la cartina tornasole della validità della mia idea malsana, ovvero quella di percorrere la Spagna in fissa, senza freni e con un po' di bagaglio. Ho fatto qualche viaggetto, ma mai con la bici montata così, e ho ritenuto che i tempi fossero maturi per lanciarsi nell'impresa. Come dicevo, partenza alle cinque da Barcellona e 280 chilometri, da coprire in giornata, tra me e la meta. Con le strade pressoché deserte, mi impossesso dei vialoni cantando Eskimo, mi divoro i saliscendi in uscita dalla città e mi indirizzo verso Martorell. Il sole spunta e le gambe girano bene, non cesso di mangiucchiare, mungere acqua dalla borraccia e canticchiare. Il diavolo, però, è dietro l'angolo e si manifesta sotto forma del malefico GoogleMaps che, non avendo io preparato la lista di paesi da attraversare da appiccicare sull'orizzontale come sempre faccio, si burla di me e organizza una Google Gravel®. Pur in mezzo a paesaggi collinari magnifici, mi ritrovo a pedalare su una strada bianca in mezzo al nulla, che poi si stringe, si deteriora e finisce in un borghetto medievale senza via d'uscita. Riguadagno la civiltà e, in mezzo alle salite pedemontane nei dintorni di Igualada, percorro qualche chilometro con un arzillo quanto anziano ciclista locale che mi indica la retta via. Procedo quindi sulla strada nazionale verso Tárrega quando la mia catena, provata da nove mesi di abusi, decide di abbandonarmi distruggendo due piastre interne contemporaneamente. Ho solo una maglia di ricambio, per cui mi obbligo a pedalare lentissimamente fino al primo negozio di bici di Tárrega, dove il ruvido ma disponibile meccanico, che tratta soprattutto motozappe e decespugliatori, mi instrada verso l'uscita dalla Catalogna.

Con le gomme alla pressione giusta e una catena nuova, parto rinvigorito, mi fermo a mangiare uno dei migliori falafel della mia vita ad Alfarrás e supero il confine tra Catalogna e Aragón passando sotto alle arcate di un monumentale acquedotto romano. La comunità di Aragona mi rapisce da subito: strada dritta che asseconda i saliescendi dei campi sinuosi e una linea di pali della luce di legno a suo lato che si perde all'orizzonte; campagna costellata di minuscoli paesini, ognuno provvisto di castello regolamentare. Passo Monzón, sono straordinariamente solo di poco in ritardo sull'ambiziosa tabella di marcia che mi ero prefissato e avverto chi mi ospiterà del mio quasi imminente arrivo. Mi pedalo anche Barbastro, ultimo centro urbano di una dimensione considerevole prima di Huesca, a cui mancano ormai solo sessanta chilometri. Sono rincuorato e mi spazzolo in piedi sui pedali una salita di cinque chilometri al dieci per cento, mi sento nel pieno delle forze e non mi spiego come possa veder doppio e avvistare due figure apparentemente uguali con una giacchettina color giallo Stabilo Boss in cima alla collina. Approssimandomi, mi rendo conto che si tratta di due strani individui vestiti uguali che mi offrono di fermarmi e di lasciargli duecento euro per l'assenza di un elmo di polistirolo sulla mia nuca. Mi offro di ridiscendere la collina e di comprare il suddetto elemento di protezione nel freddo centro commerciale della summenzionata Barbastro. Accettano di buon grado, con anche una malcelata soddisfazione, e mi scrutano mentre mi lancio giù per la discesa. Compro casco e una baguette con tanti semini, risalgo la salita, ora con meno slancio, e arrivo a Huesca in serata. 280 chilometri nella bisaccia, un casco da cui non mi separerò e la certezza che il piano è fattibile.

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Rimango una settimana in questa fantastica cittadina vivissima ai piedi del Pireneo Aragonese e a fianco del deserto de Los Monegros, culla di un habitat che più si addice a qualche steppa asiatica che al nord della Spagna. Poi giunge il giorno della partenza, spedisco a Huelva zaino e cose non necessarie che mi ero portato da Barcellona e do il via alla galoppata.

Sulla via per Zaragoza incontro un giovine che si sta allenando su una mountain bike anni '80 con medie superiori ai trenta all'ora. Facciamo qualche chilometro insieme e poi torna indietro per chiudere il suo anello.

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Alle porte di Zaragoza un anziano mountain biker tecnicissimo si complimenta e cerca di farmi desistere, ma proseguo e, seguendo la linea del tram, attraverso la città in tempo record lasciandomi alle spalle la basilica del Pilar, le sue innumerevoli cupole colorate e i suoi enormi campanili. Dopo chilometri di vento contrario, raggiungo lo spettacolare paesino medievale di Daroca, mi concedo una merenda a base di churros e cioccolata calda e riparto con questa botta di zuccheri dopo aver parlato con un ottuagenario su una panchina di come andava a ballare a rimorchiare da giovane nei paesini che sto per attraversare. Riguadagno la campagna e con essa entro nella comunità di Castiglia La Mancia, che da subito si dimostra deserta e collinare. Arrivato con orgoglio al centro di Embid, meta sentimentale del vecchio di cui sopra, mi rendo conto che tutti i nomi che porto sul tubo orizzontale non sono nient'altro che punti sulla mappa. Embid, che sulla cartina sembrava un grande centro, è un castello sproporzionato, un nucleo di 44 abitanti e 36 chilometri quadrati ci campagna. Mi metto in marcia e raggiungo Molina de Aragón (nonostante sia in Castiglia La Mancia), dove dormo il sonno dei giusti dopo un sano panino e una tisana calda.

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Il giorno successivo vola: tra le colline e i mulini a vento di don Chisciotte, le ripidissime salite e le impegnative discese, che riesco ad affrontare con una certa disinvoltura nonostante i ricorrenti venti gradi di pendenza, mi sbrano circa duecentoventi chilometri. Pranzo con Armando, simpatico cicloturista basco con decine di viaggi alle spalle che sta andando a BurgosA fine giornata, mentre filo sulla nazionale a lato di Villanueva de Alcardete, un sibilo mi rende partecipe della morte del mio Vittoria Zaffiro posteriore, stanco degli abusi in discesa. Impreco al vedere il taglio nel battistrada, le tele non hanno opposto resistenza e tutta la gomma è poco più di un'ostia. Inserisco l'unica camera d'aria di ricambio, non prima di aver posizionato all'interno del copertoncino una camera d'aria tagliata che porto per le emergenze e che spero offra un po' di resistenza extra. Nel piccolo paesino i negozi sono ormai chiusi, e tutti mi avvertono che lo rimarrano anche il giorno successivo, essendo la festa della provincia, decido di avanzare fino a Quintanar de la Orden, dieci chilometri più avanti, sperando di trovare una soluzione il giorno successivo. Entro in una taverna in cui l'oste non mi toglie gli occhi da dosso e tutti parlano con un accento ridicolo da Benvenuti al Nord. Ci do dentro con mandorle salate e infusioni di menta. Trovo un buon posto per la notte e mi addormento come un sasso.

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Il terzo giorno parte con una lenta pedalata di venticinque chilometri che termina ad Alcázar de San Juan: sono le nove del mattino e cerco soluzioni. Tutti mi avvertono che non è semplicemente la festa della provincia, bensì dell'intera comunità autonoma, essendo il giorno delle celebrazioni del Corpus Christi. Fortunatamente i cinesi erano lontani da Betlemme 2016 anni fa e tengono i negozi aperti anche il 26 di maggio. Compro del robusto nastro americano e avvolgo il copertone perché non possa deformarsi ulteriormente. Il retro della mia bici è ormai un'opera cyber punk, ma sembra reggere. Pedalo con la ruota che offre una sensibile resistenza aggiuntiva rispetto a prima dell'intervento e patisco il sole e il vento fino a Manzanares. Lì, in un bar frequentato da un avventore strillone sotto l'effetto di qualche strana sostanza stupefacente, decido di non proseguire, come da programma, direttamente verso Ovest, ma di costeggiare l'autostrada lungo la via di servizio.

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Mi assicurano che le condizioni sono ottime e così mi evito discesone con inclinazioni del 23% in mezzo al nulla con una ruota scotchata. Ci metto un'ora a capire come uscire da Manzanares, una signora mi insulta perché non vuole darmi indicazioni stradali, ma alla fine raggiungo l'asfaltatissima via di servizio. Purtroppo il sogno dura poco e il manto stradale si ritrasforma in una strada bianca, per altro piuttosto dissestata. Mi succede di tutto: attraverso un campo di patate, una ferrovia, scendo per un tratturo in mezzo ad un uliveto, corro per un (molto corto) ponte ferroviario con il culo strettissimo, scavalco una recinzione con tutta la bici e alla fine arrivo alle porte del parco nazionale di Despeñaperros. È buio, davanti a me una strada che si inerpica su per una montagna e poi ridiscende con tornanti interessanti, ma ormai il dado è tratto, ho fatto pochi chilometri e la voglia di arrivare in Andalusia è tanta. Mi lancio, la sensazione è stupenda; io sono parecchio stanco, ma l'aria è cristallina, qualche animale ulula in continuazione e ogni tanto sento movimenti nel bosco, a pochi passi da me. Una famiglia di cinghiali mi taglia la strada, e ogni tanto qualche cinghiale single fugge alla mia vista. Quando arrivo al paesino di Santa Elena sono spremutissimo. Mi bevo la tisana di rito e mi addormento in un luogo peculiare.

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Riparto di buon'ora, attraverso gli uliveti della provincia di Jaén e, dopo varie vicissitudini nella sempre pietosa via di servizio dell'autostrada, trovo finalmente a Bailén un negozio di bici. Getto il vecchio Zaffiro impataccato di nastro americano e ne compro un altro identico (che adesso che scrivo è già arrivato alla frutta e sostituito, ndr). Ancora via di servizio fino ad Andujar, dove decido di prendere the hard way e perdermi tra le colline che ospitano la diga del fiume Yeguas. Sempre sole, vento contrario, strade deserte e sudore versato. Raggiungo Montoro, mangio un paio di gelati confezionati che non toccavo da anni e, dopo aver constatato che il cellulare mi ha abbandonato, decido di spingere fino a Cordoba, che sta vivendo il suo settimo giorno consecutivo di festa e mi accoglie con miriadi di donne in abiti da gitana e uomini con coppola, camicia e gilet. Dormo nei pressi della stazione dei bus, preparandomi all'ultimo giorno e augurandomi di non dover percorrere i 140km che mi separano da Siviglia su un'altra via di servizio. Fortunatamente la strada che passa per Palma del Río è una bella statale da pianura Padana, noiosa e scorrevole. Alle porte di Siviglia il cielo si stanca di vedermi sudato e, appena riparata la foratura della gomma anteriore, si scatena il diluvio universale che dura un paio d'ore. Non mi proibisce di raggiungere il capoluogo dell'Andalusia, nei cui sobborghi (Santiponce) mangio il miglior serranito (no, non è vegetariano) della mia vita e attaccare gli ottanta chilometri finali col coltello tra i denti.

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Un vento impressionante mi rallenta anche nella temutissima discesa in uscita da Sanlucar La Mayor. In una serie di saliscendi infinita mi ritrovo a percorrere venti chilometri in due ore. Decido di non mollare, l'obiettivo è vicino e tutto mi sembra più chiaro quando avvisto le mura di Niebla, paese-testimonianza di tutti i popoli che hanno conquistato questa parte della penisola Iberica nelle ultime migliaia di anni. Mancano trenta chilometri, ce l'ho fatta! Volo a casa e, dopo una doccia ristoratrice, spazzolo una ciotola enorme di ceci e spinaci soto gli occhi attoniti del mio coinquilino.

Sonno, morte e mare il giorno dopo, oltre ad una certa dose di soddisfazione.

 

Angolo banalità:

-Viaggiare in fissa mi ha fatto capire l'importanza di valutare il vento durante la pianificazione dei tempi di percorrenza, non mi sono mai sentito così rallentato dal vento come in questo viaggio.

-I Vittoria Zaffiro sono dei copertoni di gomma pane ma continuerò a comprarli in momenti di ristrettezza di budget.

-Sempre portarsi dietro il necessario per riparare i danni più ricorrenti e per cibarsi in qualsiasi situazione. Nel mezzo di Castiglia La Mancia mi è capitato di pedalare anche per due ore su una strada statale senza incrociare un'auto o un essere vivente, in pieno giorno.

-I parafanghi rosa avvicinano le persone più dei cani al guinzaglio e delle bici da viaggio

 

Durante il secondo giorno di viaggio ho pranzato con Alfredo, cicloturista basco che da Valencia stava andando a  Burgos in bici.

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è il suo blog, dateci un'occhiata, ha vari viaggi all'attivo, soprattutto nel continente asiatico.

 

Se qualcuno si è letto tutto ciò, i miei complimenti, cercherò di caricare più foto quanto prima.

 

E se qualcuno proprio non ne ha avuto abbastanza, quii link a Strava dei primi tre giorni e tre quarti (poi si è scaricato il telefono e l'ultimo giorno e un quarto l'ho pedalato all'antico modo, così come il giorno zero).

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Hai presente "L'acchiappasogni" ? La scena in cui Freeman dice all'altro militare:" sai chi mi ha dato questa pistola ? John Wayne in persona!"

Ora quando la gente mi vedrà col casco che mi hai regalato potrò dire:" sai chi mi ha dato questo casco ? Revo in persona"

Tanti KM Tanto Onore

p.s.

ok senza freni ma tutto sto giro l'hai fatto anche senza fondello ? eh, se no non vale :D 

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@Wozzeck

Eh, allora mi sa che non vale perché il fondello per me è ormai irrinunciabile  (nonostante sopra metta in paio di pantaloncini con tasche per aver sempre qualcosa a portata di mano e stare comodo quando scendo dalla bici).

PS: se vuoi ti invio un autografo adesivo da applicare al casco

 

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@Revo che dire.... sei un grandissimo!!

Certo che la storia del copertone non l'avevi mica raccontata....ahahaha.

Ma per dormire come ti sei organizzato? 

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4 hours ago, LupinRS said:

@Revo che dire.... sei un grandissimo!!

Certo che la storia del copertone non l'avevi mica raccontata....ahahaha.

Ma per dormire come ti sei organizzato? 

Era una perla, non volevo rovinarvi la sorpresa.

Allora, per dormire avevo sacco bivacco e sacco lenzuolo. In Spagna accamparsi è illegale e io osservo le regole, per cui non entro nei dettagli, però quello era il mio armamentario per la notte.

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E' sempre un piacere leggere (immaginandoseli) questi racconti, letto tutto d'un fiato: ammirazione pura per l'impresa, sia ciclistica che di adattamento. Per il primo aspetto, potrei anche arrivarci, con l'allenamento (forse), per il secondo avrei seriamente dei problemi, dunque ammirazione a borsate.

PS. posso bullarmi di aver fatto un giro in bici con te nella desolata pianura pinerolese? :)

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Bullatevene e gioitene tutti, dalla bassa Pinerolese ai golfi campani.

Il disegno riporta con precisione millimetrica il percorso, come si può chiaramente apprezzare.

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Il 16/6/2016 at 16:20 , Revo ha scritto:

Bullatevene e gioitene tutti, dalla bassa Pinerolese ai golfi campani.

Il disegno riporta con precisione millimetrica il percorso, come si può chiaramente apprezzare.

Il primo esito del tuo racconto è che mi hai convinto a comprare quella borsa KTM... e per me che faccio sempre il figo-corsaiolo-duedecimisulgiro credimi che è un grosso passo

 

ah @andrygroove "shipped" ;)

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Cazzo, bravoh, anzi bravissimoh!

Se non fosse che sono una merda a pedali e un imborghesito del cazzo ci proverei a far qualcosa del genere!

Ogni volta che leggo quello che scrivi e che fai mi fai venire una voglia della madonna!

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