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"pochi capivano il jazz, troppe cravatte sbagliate"


sursum corda
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GRAZIE A TUTTI, per ora ho comprato Mile Davis... poi piano piano seguo tutti i consigli..

Auf Wiedersehen!!

se ti piace chet (io lo adoro!) credo possa piacerti il progetto di jim hall (chitarra) e bill evans (piano, già citato) 2 musicisti enormi che insieme hanno dato vita 2 album (undercurrent e intermodulation) straordinari! intensi, diretti, malinconici

ciao

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1) Poi, grazie a Dane per la bella e appassionata ricostruzione.

Per alimentare un po’ il dibattito, direi però che sono assolutamente d’accordo a metà.

Se certo il rapporto/scontro afroamericani/bianchi è stato rilevante, non ridurrei il jazz a una battaglia di appropriazione identitaria.

2) Il meglio del Jazz è stato dato quando le identità si sono confuse : del resto, il jazz stesso nasce come « perversione » del blues, come « disidentificazione » dai canoni. Se il jazz ha una tradizione, questa consiste forse proprio nell’essersi a ogni volta strappato dalla propria identità.

3) Penso, per esempio, a Charlie Parker, che ammirava Stravinskj, penso a Mingus che si interessava al lavoro di Joni Mitchell o agli Art Ensemble of Chicago che mettevano in atto una singolare convergenza fra riscoperta della musica africana e avanguardia atonale, attaccando su due fronti il rapporto fra jazz e ‘intonazione’.

4) Proprio partendo da questa considerazione, arriva il mio secondo punto benevolmente polemico con Dane : il jazz, lungi da essere morto o comatoso, a partire dagli anni ’70 si è ramificato in una impressionante varietà di contaminazioni ben più varie e ben più interessanti che il solo jazz-rock o jazz-funk.

5) Sostenere poi - come fanno alcuni - che queste varie derive « non sono jazz » per me vuol dire poco, in quanto - per tornare al punto di prima - la tradizione del jazz per me consiste proprio nella costante « perdita » della propria identità, nella costante capacità di costruire la propria tradizione, disfando ad ogni passo l’identità della propria forma presente.

Detto questo, metto qui un personalissimo e discutibilerrimo assaggio di sperimentazioni che secondo me vale la pena ascoltare, anche se non sono sempre facili di primo acchito.

E io mi butto volentieri nella benevola polemica! :-D

1) Alt, non ho ridotto il jazz ad una mera battaglia di appropriazione identitaria. La discussione è partita da un neofita (se non ho capito male) che chiedeva consigli, quindi mi son permesso di citare l'excursus storico, in cui la ritmica contrapposizione di stili bianchi e neri aiuta semplicemente a capire l'evoluzione del jazz, poi siccome odio i parrucconi che scrivono troppo pesantemente e si prendono troppo sul serio l'ho fatto in maniera ironicamente romanzata e provocatoriamente metaforica come faccio sempre in ogni discorso. :-P

Come ho detto consigliavo un approccio pedagogico, e lo schemino "azione-reazione" aiuta a capire meglio, successe la stessa cosa nei movmenti artistico-letterari europei con la continua alternanza tra movimenti più rigidi e formali e movimenti più scapigliati (basta osservare l'evoluzione di movimenti come Gotico, Romanico poi Barocco, Romanticismo, Neo-Classico, etc...).

Un po' come quando si dice che il Vaticano alterna sempre per equilibrio un Papa modernista ad uno conservatore! :-D

E' semplicemente un metodo semplificativo per aiutare un neofita a capire l'evoluzione stilistica: dal Blues al Jazz, poi il swing bianco che commercializza il messaggio, poi be-bop che rende ardite le armonie, poi Cool Jazz che calma i toni, allora Hard-Bop incazzato, etc... E' una semplificazione convenzionale (un po' come quando si dice "Medio-Evo, oscurantismo, religione al centro della vita, cattedrali gotiche con strutture verticali rivolte verso il cielo, mille e non più mille, etc... Viceversa Rinascimento, riscoperta dell'uomo, rirpesa del classicismo, etc...) altrimenti un neofita sente l'hi-hat che porta il tempo, sente il sassofono e dice "bèh, ma è la stessa cosa..."

Poi è chiaro che trattandosi di arte l'evoluzione è libera e quindi non c'è uno schema che funzioni sempre: difatti "in teoria" dopo l'Hard-Bop avrebbe dovuto seguire un movimento "bianco" e invece si va su modale e free-jazz, senza contare che gente come Keith Jarret e Bill Evans sono bianchi ma vengono da Miles Davis, etc.....

Il mio era solo un filo logico di suggerimento ad un neofita ma visto che c'erano tanti appassionati pensavo venisse capito... ;-)

2) Ma certo, il jazz è un grande meltin-pot dove rientra tutto e di più, riprocessato mediante il linguaggio jazzistico. Non ho citato Gershwin ad esempio (ma perchè lì il discorso era più complesso da spiegare ad un neofita) ma avrei potuto farlo visto che è paradigmatico...

3) Bèh, io ho citato Mingus proprio in qualità di erede dell' "orchestrismo" di Ellington, anche e soprattutto alla ricerca delle radici africane. Perchè anche la musica nera non è tutta una, eh?!... Per quanto riguarda gli Art Ensemble di Chicago, hanno ripreso un discorso, come Mingus, lasciato più o meno interrotto da Duke Ellington. Ma questo rientra in quel discorso di appropriazione identitaria e delle proprie radici che tu contestavi... ;-)

4) Di nuovo, non ho detto che dagli anni 70 il jazz è morto o che sia nato solo la fusion. Ripeto: si partiva da una richiesta di consigli da parte di un neofita, e partendo da un approccio pedagogico mi son permesso di suggerire ciò che costituisce lo scheletro storico dell'evoluzione jazzistica. Se vuoi capire profondamente il jazz (poi se uno vuole solo un cd che gli faccia compagnia il discorso è diverso...) quello sono i fondamenti della sua evoluzione. Il resto è appunto evoluzione di quanto fondato prima, tutto qui. Inutile cercare di approcciarsi al jazz partendo da Pat Metheny e Keith Jarret perdendosi tutto ciò su cui si son fondati: non puoi capire il jazz se ti perdi Memphis Slim, Duke Ellington e Theolonious Monk, mentre puoi benissimo perderti Pat Metheny che la tua comprensione non ne risentirà (vedo spesso nei giovani il contrario: è jazz solo quello "moderno", il resto è merda da vecchi babbioni. E infatti spesso sono bravissimi tecnicamente, ma non trasmettono nulla perchè hanno mancato l'anima del jazz. E quindi "non sentono il blues" e suonano meccanicamente, senza swing...).

Per dire, visto che si parla di evoluzioni, contaminazioni ed ispirazioni allora un ruolo importante ce l'ha anche il funky di Herbie Hancock, che però viene da Miles Davis e che ha solo accentuato stilemi in realtà già presenti: ce l'avete presente l'assolo che fa Kenny Drew nel leggendario "take 8" di Blue Train di Coltrane?! Oh, parliamo del 1957...

5) "Non sono jazz" non l'ho detto io (per me è jazz pure Caro Emerald, per quanto "stuprata" dalla confezione commerciale che le hanno cucito addosso, o la Dee Dee Bridgewater di "Into my Soul" dei Gabin...), e sono d'accordo in generale col tuo discorso. A patto di non esagerare però, altrimenti si finisce come ai Jazz Festival odierni dove trovi cani e porci e di jazz vero ne ascolti poco. Evoluzioni e rivoluzioni sì, supercazzole solo per fruttare l'etichetta "Jazz" che fa molto "intellettuale radical-chic" per avere un passaporto d'importanza sinceramente no. Se no mi pare come quei cabarettisti a cui invece che al bar fanno lo spettacolo a teatro così la gente può dire "bèh, ma lui non è solo un guitto, è vero e proprio attore....ha fatto tanto teatro". Quante volte l'avete sentita dire questa riguardo mezzo Zelig?!... A me quei discorsi qualunquisti del tipo "abbattiamo le barriere, non mettiamo paletti" mi son smepre sentiti un po' ipocriti (così come odio la rigidità opposta, come quando ai tempi del free-jazz cazzari freejazzisti italiani accusavano di esser fascisti chiunque suonasse non solo swing bainco ma addirittura qualsiasi forma di jazz che non fosse free-jazz...).

Quindi "costante capacità di costruire la propria tradizione" te la passo, "disfando ad ogni passo l’identità della propria forma presente" no perchè il jazz un'identità ben precisa ce l'ha e la sua eredità si ritrova in ogni forma musicale che pretenda di entrare sotto l'immenso ombrello della parola jazz: anche in Cantaloopa Flip Fantasia degli US3... ;-)

p.s.: approfitto per manifestare anch'io il mio piacere nel constatare quanti appassionati di jazz ci siano qua dentro, solitamente passo per il vecchio babbione. Soprattutto in "certi ambienti", dove ci si ubriaca di tunza-tunza e piciuàp piciuàp...

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(vedo spesso nei giovani il contrario: è jazz solo quello "moderno", il resto è merda da vecchi babbioni. E infatti spesso sono bravissimi tecnicamente, ma non trasmettono nulla perchè hanno mancato l'anima del jazz. E quindi "non sentono il blues" e suonano meccanicamente, senza swing...).

Sinceramente Dane, questo aspetto io l'ho spesso riscontrato non per mancanza di cultura e ascolto dei caposaldi del Jazz,

quanto per mancanza di anima, sensibilità e "aver qualcosa da dire" dei musicisti della tipologia sopra citata.

"Evoluzioni e rivoluzioni sì, supercazzole solo per fruttare l'etichetta "Jazz" che fa molto "intellettuale radical-chic" per avere un passaporto d'importanza sinceramente no."

Concordo in pieno. Infatti ai grandi Festival non vado più. Troppo casino in giro e troppa poca musica. Meglio realtà

minori, come il Percfest di Laigueglia o altre piccole perle similari.

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Grazie Dane,

vedo che funziona! So benissimo che non intendevi ridurre il jazz a uno schemino, così come so che io ho un po' esagerato (apposta) ad aprire a cose al limite del metal.

Lungi da me il pensare che solo il modernariato conti, e che le anticaglie siano da buttar via. Mi piace ascoltare Carla Bley e Okkyung Lee, ma il modo di suonare il piano della Bley viene dritto dritto dall'ultimo Ellington, e nel blues pre-guerra si trovano delle cose stupefacenti.

Diciamo che il mio era un discorso strategico, per far da controcanto a quel che scrivi. Mi pare funzioni!.

Resta una cosa: per me il jazz è una tradizione fatta di distruzioni: distruggere non vuol dire nè negare quel che si distrugge, nè tirar giù alla cazzo. Vuol dire inserire nella musica elementi che prima non erano considerati musicali. Trovo che questo modo di sperimentare costituisca la colonna vertrebale della tradizione jazzistica: prima l'assolo entra nella musica scritta, poi il confine fra assolo e tema viene abbattuto, poi viene complicata la sovrapposizione fra strutture ritmiche e tonali, poi il rumore entra a far parte della musica con pari dignità dei suoni "notati". Ecco, è questo che intendo per "tradizione che fa disfando"

E concludo con un esempio di un maestro di ciò: Henry Threadgill. La sua musica scardina la nettezza delle divisioni fra classica e jazz, introducendo elementi rumoristici e soprattutto creando una fluidità eccezionale fra "temi" e "soli", al contempo fa tutto ciò ispirandosi a tradizioni (il ragtime e mingus) che nobilita stravolgendo. Per me è un genio.

questo è un pezzo divertente, con la ritmica fatta da due bassi tuba

http://www.youtube.com/watch?v=zabSUKHMAVk

questo è un pezzo che recupera la tradizione del rag, stravolgendola

questo domanda un po' di pazienza, monta piano piano, ma per me è una meraviglia

e nel video racconta pure la sua musica

come del resto anche qui

e con questo, giuro, non posto più per un po'!!

Modificato da oromisso (visualizza cornologia modifica)
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(vedo spesso nei giovani il contrario: è jazz solo quello "moderno", il resto è merda da vecchi babbioni. E infatti spesso sono bravissimi tecnicamente, ma non trasmettono nulla perchè hanno mancato l'anima del jazz. E quindi "non sentono il blues" e suonano meccanicamente, senza swing...).

Sinceramente Dane, questo aspetto io l'ho spesso riscontrato non per mancanza di cultura e ascolto dei caposaldi del Jazz,

quanto per mancanza di anima, sensibilità e "aver qualcosa da dire" dei musicisti della tipologia sopra citata.

"Evoluzioni e rivoluzioni sì, supercazzole solo per fruttare l'etichetta "Jazz" che fa molto "intellettuale radical-chic" per avere un passaporto d'importanza sinceramente no."

Concordo in pieno. Infatti ai grandi Festival non vado più. Troppo casino in giro e troppa poca musica. Meglio realtà

minori, come il Percfest di Laigueglia o altre piccole perle similari.

Sì, Lele, vero anche quello.....però ti faccio un esempio.....conoscenti di famiglia mi contattano, loro figlio è appassionato di jazz, ha cominciato a studiare da poco, vuole incontrarmi per avere qualche dritta.....bene, ci incontriamo, studia il piano, va matto per Pat Metheny, ascolta solo quello e vuole suonare quella musica....io subito gli faccio presente che il jazz è bello tutto e sceglierà il suo genere preferito, ma se vuole suonare il piano deve farsi la base tecnica per le mani (partendo dal ragtime e dagli stomp) e quella artistica per l'anima (partendo dal blues). Lui storce un po' la bocca e insiste sulla sua strada....

Lo reincontro anni e anni dopo, mi manda un CD del suo gruppo, mi dice che suona molto, oltre a Pat Metheny ha studiato Bill Evans, Keith Jarret e Chick Corea ma non molto altro indietro nel tempo. Gli chiedo se ha ripassato il background del jazz e lui fa un po' il vago. Vabbè, mi manda il cd del suo gruppo per chiedermi se riesco a organizzargli delle serate (ai tempi lavoravo per gli Eventi): tecnicamente bravissimi tutti, niente da dire, ottime composizioni e ottime esecuzioni, ma musica completamente fredda senz'anima. Glielo dico nei dovuti modi e si offende.

Gli faccio ancora presente l'invito a studiarsi la tradizione perchè comunque si sente che ha talento, un'ottima tecnica, ha anche tanto tempo per dedicarsi allo studio, lo invito a determinati concerti (tipo quello di Fabrice Eulry...), ma lui niente. E rimasto lì, a dare in giro CD suonati benissimo ma che non emozionano......

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1) Grazie Dane,

vedo che funziona! So benissimo che non intendevi ridurre il jazz a uno schemino, così come so che io ho un po' esagerato (apposta) ad aprire a cose al limite del metal.

Lungi da me il pensare che solo il modernariato conti, e che le anticaglie siano da buttar via. Mi piace ascoltare Carla Bley e Okkyung Lee, ma il modo di suonare il piano della Bley viene dritto dritto dall'ultimo Ellington, e nel blues pre-guerra si trovano delle cose stupefacenti.

Diciamo che il mio era un discorso strategico, per far da controcanto a quel che scrivi. Mi pare funzioni!.

Resta una cosa: per me il jazz è una tradizione fatta di distruzioni: distruggere non vuol dire nè negare quel che si distrugge, nè tirar giù alla cazzo. Vuol dire inserire nella musica elementi che prima non erano considerati musicali. Trovo che questo modo di sperimentare costituisca la colonna vertrebale della tradizione jazzistica: prima l'assolo entra nella musica scritta, poi il confine fra assolo e tema viene abbattuto, poi viene complicata la sovrapposizione fra strutture ritmiche e tonali,

2) poi il rumore entra a far parte della musica con pari dignità dei suoni "notati".

3) e con questo, giuro, non posto più per un po'!!

1) Ecco, direi che con questo ci siamo capiti! ;-)

2) Anche se io preferisco fermarmi un po' prima del rumore (già mi faceva ridere un certo teatro aleatorio del free-jazz, coi gomiti picchiati sulla tastiera...), ecco . :-P

3) Eh no, cazzo! Adesso che ho scoperto di non essere il giapponese sull'isola del Pacifico non potete abbandonarmi così!... :-DDD

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(vedo spesso nei giovani il contrario: è jazz solo quello "moderno", il resto è merda da vecchi babbioni. E infatti spesso sono bravissimi tecnicamente, ma non trasmettono nulla perchè hanno mancato l'anima del jazz. E quindi "non sentono il blues" e suonano meccanicamente, senza swing...).

Sinceramente Dane, questo aspetto io l'ho spesso riscontrato non per mancanza di cultura e ascolto dei caposaldi del Jazz,

quanto per mancanza di anima, sensibilità e "aver qualcosa da dire" dei musicisti della tipologia sopra citata.

"Evoluzioni e rivoluzioni sì, supercazzole solo per fruttare l'etichetta "Jazz" che fa molto "intellettuale radical-chic" per avere un passaporto d'importanza sinceramente no."

Concordo in pieno. Infatti ai grandi Festival non vado più. Troppo casino in giro e troppa poca musica. Meglio realtà

minori, come il Percfest di Laigueglia o altre piccole perle similari.

Sì, Lele, vero anche quello.....però ti faccio un esempio.....conoscenti di famiglia mi contattano, loro figlio è appassionato di jazz, ha cominciato a studiare da poco, vuole incontrarmi per avere qualche dritta.....bene, ci incontriamo, studia il piano, va matto per Pat Metheny, ascolta solo quello e vuole suonare quella musica....io subito gli faccio presente che il jazz è bello tutto e sceglierà il suo genere preferito, ma se vuole suonare il piano deve farsi la base tecnica per le mani (partendo dal ragtime e dagli stomp) e quella artistica per l'anima (partendo dal blues). Lui storce un po' la bocca e insiste sulla sua strada....

Lo reincontro anni e anni dopo, mi manda un CD del suo gruppo, mi dice che suona molto, oltre a Pat Metheny ha studiato Bill Evans, Keith Jarret e Chick Corea ma non molto altro indietro nel tempo. Gli chiedo se ha ripassato il background del jazz e lui fa un po' il vago. Vabbè, mi manda il cd del suo gruppo per chiedermi se riesco a organizzargli delle serate (ai tempi lavoravo per gli Eventi): tecnicamente bravissimi tutti, niente da dire, ottime composizioni e ottime esecuzioni, ma musica completamente fredda senz'anima. Glielo dico nei dovuti modi e si offende.

Gli faccio ancora presente l'invito a studiarsi la tradizione perchè comunque si sente che ha talento, un'ottima tecnica, ha anche tanto tempo per dedicarsi allo studio, lo invito a determinati concerti (tipo quello di Fabrice Eulry...), ma lui niente. E rimasto lì, a dare in giro CD suonati benissimo ma che non emozionano......

E pensare che io trovo delizioso lo stile e le interpretazioni di Lyle Mays. Probabilmente quel ragazzo ha equivocato il percorso interpretato da colui che avrebbe desiderato emulare.

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Ho scoperto <8nel senso che io non li conoscevo!) gli Ska-j...(qualche veneto sicuramente li conosce!) Da anni ascolto i pitura freska...e solo una settimana fa un personaggio mi ha raccontato le vicende dei componenti del gruppo dopo lo scioglimento. Il Cantante (Sir Skardy) ha continuato a fare la sua musica mentre il saxofonista (Furio) è entrato negli Ska-j...detto questo...fanno musica jazz (ma anche canzonette), soprattutto vecchi standard,in chiave reggae e ska...è stata una scoperta straordinaria...fuori dagli schemi...Consiglio un ascolto...Ciao!!!

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