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La bella storia di una bici su ebay


Mork
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Iniziando col dire che ho postato questo argomento solo per la storia legata alla bici descritta sotto nelle spiegazioni di ebay e non perchè penso che qualcuno all'interno del forum possa comprarla.

Se conoscete l'inglese leggete fino in fondo.

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Appena ho un po' di tempo lo leggo con calma e magari ve lo traduco anche.

Mario Confente è stato uno dei migliori telaisti della scuola italiana, anche se poco noto ai più e forse tanto noto ai collezionisti per la morte prematura che ne ha forte accresciuto il mito.

Il mio telaista mi raccontava che quando correva da giovane aveva una bici fatta da Confente, di cui era amico e poi diventò collega. Si sta ancora mangiando le mani, dopo quasi 30 anni, per averla venduta. E non certo per il valore economica della stessa.

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Questo passaggio ha un paio di espressioni che non riesco a tradurre:

the bike came a nice saddle made by Unicanitor.That is the original fill paint on the seat post .very clean beautiful lugs looks perfect. there is racer name" P.EDWARD "on cinelli stem.mario confente special made for him in 70's.after race ,mario's parter bought it and display in the show room more than 20 years.

Se mi aiutate un attimo, posto tutto il resto tradotto.

L'autore non ha scritto proprio benissimo come forma, tuttavia è una bella storia.

Confente viene forse messo un po' troppo su un piedistallo, tuttavia è stata senz'altro una grande persona come mi ha confermato colui che ho definito il "mio telaista".

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Mi sa che l'autore si è perso qualche parola.. parafrasando dovrebbe essere:

La bicicletta monta una bella sella Unicanitor fatta da Cinelli. Il colore della pantografia sul reggisella è originale. Le bellissime congiunzioni sono veramente pulite e sembrano perfette. Vi è il nome del corridore "P. Edward" sulla pipa Cinelli. Mario Confente l'ha realizzata specialmente per lui negli anni 70. Dopo la gara, il socio di Mario l'ha comprata e messa in mostra nello showroom per più di 20 anni.

La bici è veramente stupenda.

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State vedendo una bici Confente vintage da pista originale. Mario Confente è uno dei migliori telaisti al mondo. Mario costruì solamente 11 bici da pista nella sua intera vita (marchiate col suo nome, ne ha fatte sicuramente altre come terzista NdLanerossi). Questa è la prima delle 11 e una delle più belle bici da pista Confente vintage che abbiate mai visto.Nera e dorata, appare molto più bella dal vivo che in foto. È realmente un pezzo da museo, non perdete questa opportunità perché non ne troverete mai più un’altra. La misura del telaio è 63cm, tutti i componenti sono originali ed è originale la verniciatura, mai ritoccata. La bici è fornita con una sella Unicanitor.

La bicicletta monta una bella sella Unicanitor fatta da Cinelli. Il colore della pantografia sul reggisella è originale. Le bellissime congiunzioni sono veramente pulite e sembrano perfette. Vi è il nome del corridore "P. Edward" sulla pipa Cinelli. Mario Confente l'ha realizzata specialmente per lui negli anni 70. Dopo la gara, il socio di Mario l'ha comprata e messa in mostra nello showroom per più di 20 anni.

Ha inoltre delle coperture vintage per le gomme Clement ed un originale maglia Confente in esemplare unico firmato da Mario. Ecco qui una storia su Mario Confente. Confente è uno dei miglior telaisti al mondo, un innovatore ed un artista, era qualcuno virtualmente sconosciuto alla maggioranza dei ciclisti. Il suo nome è Mario Confente ed era da Montorio, qualche chilometro fuori Verona. A causa della sua tragica morte solo 124 bici da strada ed 11 da pista portano il suo nome e sono tutte considerate capolavori. Mario Confente è senz’altro uno dei più raffinati telaisti che abbiano usato un cannello sull’acciaio. Tragicamente, Mario morì l’8 marzo 1979 alla giovane età di 34 anno. Lasciò un’eredità che includeva 135 telai con il suo nome. La maggior parte dei telaisti hanno bisogno di anni e migliaia di telai costruiti per raggiungere la fama che Mario ha raggiunto in così poco tempo. Il rispetto che ha raggiunto è un testamento di devozione e passione alla bicicletta. Il suo standard non era nient’altro che la vicinanza alla perfezione. Mario Confente nacque il 29 gennaio 1945 a Montorio, in Italia, pochi chilometri da Verona. Era il terzo di cinque figli e l’unico figlio maschio. Sua sorella Gianna Confente ricorda: “La sua infanzia non fu molto agiata poiché eravamo una famiglia modesta e solo nostro padre lavorava. Era un periodo difficile dopo la guerra”. Di conseguenza Mario iniziò a lavorare in giovane età. Inizialmente lavorò come apprendista in una ferramenta. La sua attitudine alla meccanica catturò presto l’attenzione di un amico di famiglia, il signor Tiberghien, che offrì un lavoro a Mario nella sua fabbrica laniera. Mario lavorò come meccanico e spesso riparava i telai per lavorare la lana Non appena crebbe sviluppò la sua eduzione meccanica all’istituto professionale Leonardo da Vinci. Mostrando un lato artistico, realizzò anche dei crocefissi che vendette al Vaticano. Come molti altri giovani ragazzi italiani, Mario era colpito dalle corse ciclistiche. Era solamente tredicenne quando si iscrisse alla società Aquilotti, la sua squadra locale. Il suo talento in bici era evidente, anche per le sue numerose vittorie. All’età di quindici anni vinse il campionato provinciale come juniores con la società Gaiga. Quando diventò maggiorenne entrò a far parte della squadra Bencini. Il Bencini era la miglior squadra di dilettanti del periodo, con una squadra composta da ciclisti locali del veronese. Il direttore sportivo era Guido Zamperioli. Dal 1963 al 1966, i membri del Bencini raccolsero risultati impressionanti: nel 1963 la medaglia d’oro al campionato mondiale dilettati con Flaviano Vicentini, nel 1964 la medaglia d’argento nei 100 chilometri a squadre ai giochi olimpici di Tokio (nel quartetto azzurro militavano infatti Pietro Guerra e Severino Andreoli), nel 1965 la medaglia d’oro al campionato del mondo sempre con Pietro Guerra e Severino Andreoli nel quartetto, nel 1966 la medaglia d’oro nella medesima specialità con Pietro Guerra fra i 4 azzurri. A causa dei successi nelle competizioni ad alto livello, Mario decise di licenziarsi e di correre a tempo pieno. Presto iniziò a viaggiare con la squadra a Torino, Milano ed in Svizzera. Integrava il suo stipendio costruendo telai. Il padre di Mario lo spingeva ad abbandonare le corse perché era pagato poco ed i rischi erano alti. Suo padre addirittura ricavo una piccola officina da un locale nella loro casa per permette a Mario di costruire telai. Presto si costruì il primo telaio personalmente. I suoi compagni di squadra iniziarono a richiedergli dei telai. Come dilettante si piazzò bene in molte gare vincendone alcune. Un suo compagno di squadra, Severino Andreoli, ricorda: “Mario era un corridore forte, non tanto da vincere ma spesso si piazzava. Si sacrificava molto per la squadra durante una fuga o per riprendere i fuggitivi, mentre un compagno andava a vincere”. Renzo Ferrari, un altro compagno di squadra della Bencini ricorda: “Incontrai Mario all’età di 17 anni e lui ne aveva 16. Eravamo in palestra e diventammo amici anche se gareggiavamo per squadre diverse. Mario aveva un ottimo carattere e andava d’accordo con tutti, anche gareggiando. Era generoso e stimato per la passione per il ciclismo. Si distingueva da tutti gli altri compagni per l’attenzione, la manutenzione e la cura che riservava alla propria bici”. Egli aggiunge “Mario era sempre a sistemarmi la bici e mi insegnava perfino dove trovare i funghi!”. Nel 1963, durante una gara, Renzo e Mario andarono in fuga insieme e pedalarono per gli ultimi 20 chilometri insieme. Renzo vinse al gara e Mario si piazzò secondo. Comunque rimasero amici per lungo tempo. Il corridore della Bencini campione del mondo Pietro Guerra ricorda: “Mario non vinse molte gare ma era forte, generoso, sempre pronto ad aiutare tutti”. Durante una corsa in pista nell’autunno del 1968 Mario ebbe un grosso infortunio dopo una caduta. Dopo essersi ripreso lasciò le competizioni e mise tutte le sue energie nella costruzione di telai. Il lavoro di Mario era impeccabili e la sua fama crebbe, grazia ai suoi amici e compagni di squadra Pietro Guerra e Flaviano Vicentini. Entrambi i corridori vinsero numerose corse e dei campionati del mondo sui telai Confente. Pietro Guerra ricorda: “Quando Mario smise di correre non sapeva cosa fare. La passione che aveva per la bici era ancora così forte che imparò rapidamente a costruire telai da corsa. Divento uno specialista e per farsi conoscere nel settore mi diede una bici da pista. Era un vero gioiello! Con quella ho vinto tre titoli italiani di inseguimento, nel 1970 a Varese, nel 1971 a Milano e nel 1972 a Basso del Grappa”. Dal 1968 a 1970 Mario continuò a costruire telai nella sua officina. In quel periodo la Bianchi gli chiese di costruire come terzista. Presto Mario aveva più lavoro di quando non potesse svolgerne da solo. Superò presto la sua capacità produttiva. Nel 1970 Mario assunse alcuni apprendisti e fu costretto a trovare un nuovo locale per la sua attività. La nuova officina, sebbene modesta, era più grande e lui viveva sopra di questa in un piccolo appartamento con i suoi genitori. La sua fama continuava a cresce e Pietro Guerra aggiunge: “Presentammo Mario al famoso Masi di Milano. All’inizio Masi gli portava del lavoro a Verona. Al tempo il mercato delle bici non era in espansione in Italia, così si trasferì in California per il progetto di Masi in cerca di miglior fortuna”. Nei primi anni ’70 vi fu una crisi energetica negli Stati Uniti ed una conseguente esplosione del mercato delle bici. Roland Sahm, un ricco imprenditore di San Diego contattava ogni produttore italiano di bici per un ottenere la licenza di produrre negli Stati Uniti sotto il suo nome. Secondo Sahm Cinelli, Colnago e Bianchi rifiutarono tutti la sua proposta. Comunque un produttore italiano riconobbe le potenzialità di crescita del mercato statunitense. Faliero Masi gli vendette i diritti di produrre bici Masi negli Stati Uniti. Mario arrivò a Los Angeles il 12 ottobre 1973. Come è evidente nella lettera seguendo, non pensava di starci a lungo. Datata 21 ottobre 1973, Ernesto Colnago scriveva a Mario in California: “Caro Mario, qualche giorno fa sono passato per casa tua per salutarti, ma sono stato sorpreso a trovare tua madre e tuo pare un po’ demoralizzati dalla tua partenza. Mi hanno assicurato che tornerai entro 20 o 30 giorni. Sono contento di ciò perché come d’accordo io vorrei proporti un accordo con grosse possibilità di profitti. Torna a casa presto e quando arrivi a Milano chiamami, verrò a prenderti e ti porterò a casa. Scrivimi. Sinceramente Colnago”. Sebbene colnago e Confente non si accordarono mai per una collaborazione, c’è certamente la prova di un certo interesse in ciò. Confente costruì telai per la Masi California ed occasionalmente con il suo nome. Il suo impatto sul mercato statunitense della bici fu profondo e velocemente stabilì un nuovo standard per i telaisti degli USA. Faliero Masi vendette i diritti di sfruttare il suo nome all’imprenditore Ronald Sahm di San Diego. Con il loro accordo le bici Masi venivano prodotte negli Stati Uniti. Faliero andò a supervisionare l’inizio del progetto. Portò Mario con sé per iniziare la produzione. Alla Masi US di Carlsbad, Mario supervisionò la produzione di 2200 bici nel corso di tre anni. Per arrivare a quel livello di produzione Mario dovette istruire un certo numero di operai messicani. Vennero assunti per eseguire la grossa parte del lavoro di preparazione del telaio prima della saldatura. Lisa, la vedova di Mario, allora sua fidanzata, ricorda: “Mario rispettava i ragazzi messicani che lo aiutavano. Spesso mangiavano insieme e a Mario piacevano le tortillas. Quegli uomini venivano dal Messica e facevano sacrifici per aiutare le loro famiglie, mandando a casa ogni centesimo. Quelle erano le persone che Mario ammirava, persone che lavoravano duro e che si occupavano delle loro famiglie. Era così vecchio stampo”. Ricorda anche che incontrarono Eddy Merckx viaggiando in Italia insieme. “Quando entrammo Eddy era sotto un massaggio. Si stava preparando per la Milano-Sanremo. Eddy disse “Ehi Mario, mi piacciono le tue bici e vorrei un’altra bici” Mario disse che aveva fatto molte bici per lui ma che aveva sempre messo le sue decals sul telaio (Merckx corse sempre su bici marchiate Eddy Merckx, tranne che per il record dell’ora, sia che gliele avesse fatto Colnago, sia De Rosa NdLanerossi). Una cosa triste di Mario negli USA è che non aveva una grossa dimestichezza della lingua. In Italia era un’altra persona. Andavamo dal signor Campagnolo, da Eddy Merckx, dal signore Cinelli e da tutte quelle persone. Il modo in cui parlava a loro era così differente rispetto a quando era qui negli USA.” Comunque, quando iniziò a costruire e commercializzare biciclette era tutto tranne che “vecchio stampo”. In un tentativo di conquistare il mercato statunitense delle bici, Faliero Masi e Mario andarono al velodromo di Encino una sera. Il velocista principe degli anni ’70, Jerry Ash, era sulla pista mentre si allenava. Gli offrirono una bici da pista Masi. Ash ricorda: “Prima di ricevere la Masi usavo una Rickerts e prima ancora una Paramount. Andai alla fabbrica di Masi a Carlsbad e mi presero le misure per un telaio che poi Mario costruì. Volevo un telaio da pista per tutte le specialità, che fosse ottimo per le volate. Guidare quella bici era fantastico”. Mentre egli incoraggiava i migliori corridori a riconoscere il nuovo progetto di Masi, Mario non era contento. Una delle cose che non lo lasciavano soddisfatto al tempo era di non avere la possibilità di costruire telai con il suo nome. Quando il progetto Masi California iniziò a fatica, un imprenditore del New Jersey, Bill Recht, tentò di comprare l’azienda da Roland Sahm. Pur non riuscendo a trovare un accordo, Recht riuscì ad assumere Mario. Mario finalmente costruì una bici con il suo nome sull’obliquo. Era un sogno che diventava realtà, o così pensò. Le bici costruite da Confente era fatte a Los Angeles. Una delle prima cose che Mario fece fu di contattare Jerry Ash e di offrirgli una bici da strada ed una da pista. Ash andò a correre i campionati del mondo con una bici Confente nel 1976, 1977 e 1978. Nel 1977 arrivò settimo nella corsa a punti, il miglior risultato per un ciclista americano per un decennio. Inoltre, altri grandi corridori, fra cui Jonthan Boyer, andarono a Los Angeles per un telaio Confente. Lisa ricorda che Mario metteva anima e corpo in questa nuova avventura. “Lavora come un dannato, doveva strapparlo fuori da quel posto a Los Angeles. Non usciva finché non era pulito immacolato. Lo aiuto a spazzare il pavimento, ogni cosa pur di portarlo fuori da là!” I telai Confente furono fra i più apprezzati alla Fiera delle bici di New York quando vennero svelati. Tom Kellog, della Spectrum Cycles, ricorda: “Mario costruiva bici bellissime e spinse i produttori Americani verso una visione che non avevano, che era rivolta a linee semplici, diritte. Ci forzò a raffinare il nostro lavoro. I telai di Mario erano i primi a combinare la qualità americana allo stile italiano. Non era mai stato fatto prima. Rapidamente dopo ciò i telai americani iniziarono ad essere più lisci”. Ben Serotta aggiunse: “Dopo aver visto le bici di Confente alla Fiera di New York era chiaro che egli aveva innalzato lo standard.” Richard Sachs ricorda che guardando ai depliants di Confente aveva scosso la testa incredulo al fatto che qualcuno potesse chiedere 400 dollari per un telaio su misura. Al tempo Sachs ne chiedeva 180. Sachs sottolinea: “Ricordo di avermi chiesto cosa potesse fare un telaista ad un telaio perché potesse costare tanto”. Telai belli e così abilmente costruiti come quelli di Confente era anche costosi. Recht decise di investire sul nome di Mario e sulle innovazioni. All’insaputa di Mario Recht era pronto a lanciare un altro telaio meno costoso. Quando Mariò ordinò 100 forcellini per le sue bici, Recht ne ordinò 200. Il telaio Medici venne presentato l’anno successivo alla Fiera delle bici di New York. Prima di questa fiera, Confente venne a sapere che il su nome stava per essere usato per questo nuovo telaio. Egli percepiva il telaio Medici come un prodotto inferiore. Scrisse una lettera di dimissioni e venne immediatamente tenuto fuori dalla fabbrica. Nell’impossibilità di recuperare i suoi attrezzi, andò verso nord dove sapeva avrebbe potuto continuare a costruire telai, a Monterey. Mario era stato Monterey precedentemente per incontrarsi con Boyer ed un suo sponsor, George Farrier. Farrier aveva un’officina nel suo garage e Confente ne era rimasto impressionato per le dimensioni. L’anno seguente lavorò senza alcuna distrazione. Farrier ricorda il giorno che Mario arrivò da lui: “Mario entrò con la macchina nel vialetto. Ero sorpreso di vederlo. Gli chiesi cosa facesse lì e nel suo pesante accento italiano rispose che era lì per costruire bici”. Sebbene le attrezzature di Farrier erano di alto livello, Mario desiderava ancora una sua officina. Lui e Jim Cunningham misero insieme un business plan. Oltre agli sviluppi nella sua carriera lavorativa, anche la vita privata di Mario stava avendo degli sviluppi. Mario propose alla sua fidanzata di lungo corso di sposarsi, cosa che avvenne in breve tempo. Lisa ricorda “Lasciai Mario ed andai a Houston per un po’. Volevo sposarlo e sapeva che non mi avrebbe mai sposata. Mandava un sacco di soldi a casa in Italia. Mario pensava che bisognava avere un sacco di soldi per sposarsi. Avevo una piccola casa a Encinitas e credevo che saremmo stati bene là. Quando mi resi conto che non ci riuscivo, dissi che me ne sarai andava. Stavamo insieme da cinque anni e non c’era futuro. Mario viveva da vagabondo ed era molto solo dopo che lasciai la California. Sei mesi dopo, quando tornai dal Texas, mi chiese di sposarlo”. Gli sposini andarono a vivere a Encinitas e Mario trasformò il garage nella sua nuova officina. Tristemente, quando Mario era vicino a realizzare il suo sogno, morì all’improvviso. Mario e Lisa erano sposati da meno di due settimane. L’autopsia scoprì poi che aveva un cuore ingrossato e soffriva di una malattia cardiaca. Lisa ricorda Mario in quell’ultima mattina: “Stava tornando da Masi per lavorare per un breve periodo, solo per mettere insieme un po’ di soldi. Aveva un appuntamento con un rappresentante di Masi quella mattina. Era scombussolato dall’idea di tornare là quel giorno. Sentivo che era come se fosse qualcosa che non voleva fare, che tuttavia doveva fare”. La cosa successiva che ricorda: “Un ragazzo che faceva le consegne in bici lo ritrovò. Bussò alla porta, erano le 5.30 o 6.00 della mattina. Disse “Signora, signora, c’è un uomo là fuori e credo sia morto!”. Andai fuori e lo vidi a terra in strada. Lo avevo perso. Tutto quello che dissi fu “Sono apposto le sue mani? Lui lavora con le mani”. Non respirava. Per qualche ragione la mia macchina era in mezzo alla strada. Forse stava cercando di muovere la mia macchina. Fu trovato di fianco alla macchina in mezzo alla strada”. Il mondo ciclistico fu molto colpito dalla morte di Mario Confente. Nella sua breve carriera aveva trasformato l’industria ciclistica. Con il talento e la passione che possedeva possiamo solo sognare quali telai avrebbe costruito oggi. Possiamo solo chiederci che uomo sarebbe stato oggi.

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Ho tradotto in fretta, abbastanza alla lettera. Il testo non è molto ben organizzato e scritto senza fare paragrafi che ne migliorano senz'altro la leggibilità sullo schermo.

Non è senz'altro stato scritto dall'autore dell'inserzione perchè l'avevo già letto vario tempo fa da qualche parte sul web.

Si mitizza molto Confente, ma credo che le sue capacità siano confermate dalla sua storia, al di là del fatto che si dica che abbiamo rivoluzionato l'industria telaistica americana.

Prima o poi, se trovo un telaio dalla 56 alla 59...

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Ho tradotto in fretta, abbastanza alla lettera...

Grazie infinite a te Lanerossi per la traduzione del testo, dandone così disponibilità a tutti.

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Grazie davvero Lanerossi...avevo cominciato a leggermelo in inglese ma non sarei mai arrivato fino in fondo senza il tuo aiuto!!!!!!!!!!!

Ingranite,dimme una cosa,ma quello nell avatar,e' il buon vecchio Federico?

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