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  1. Questo periodo nefasto continua a richiedere vite. Purtroppo, oltre al covid, la strada è rimasta sempre lei, e 'ciclicamente' batte cassa. Posto questo pensiero qui, ai mod decidere se lasciarlo tra le discussioni generali o sistemarlo dove ritengono. Dedicato a Maurizio. Non so se capiti anche a voi, ma ci sono dei giorni in cui le auto vogliono ucciderti. Ci sono giorni in cui non solo le auto, ma anche il deliveroo che ti precede cambia direzione a cazzo, il cane scatta tendendo il guinzaglio, i portoni, le portiere si spalancano all’improvviso, gli autobus al tuo passaggio riversano in strada moltitudini dissennate. In genere capisco subito, al mattino, che la pedalata sarà complicata, più o meno dal momento in cui l’ulock non si vuole aprire e poi molla di colpo cadendomi su un piede, o rotolando sotto un bidone dell’immondizia. O dalla barriera di sacchi della plastica davanti all’ingresso del palazzo. Che devi scendere, e fare attenzione a non toccarne uno col pedale, che basta uno sfioro e subito quello si squarcia e riversa plastica unta davanti all’ingresso. Esiste un solo modo per sopravvivere a questa situazione, e portare a casa la pelle dopo la sfida col traffico pesante. Consiste nell’applicazione categorica della “legge del Ponticello”, che penso sia un corollario della più nota legge di Murphy sulla sfiga e le cose che vanno male. Questa legge stabilisce che, dati due mezzi in partenza con velocità casuale da due punti distinti e con un tragitto convergente, essi si troveranno invariabilmente a incrociarsi sempre nel punto più stretto e difficile del loro tragitto, aka il “ponticello”. Calata nella realtà Milanese, quando al mattino il primo automobilista che incontri tenta di ucciderti perché sta leggendo una cosa sicuramente molto importante sul telefono e non ti ha visto, la legge entra in vigore immediatamente. Ogni curva, ogni macchina che parcheggia, ogni semaforo diventano il ponticello, una parte del tragitto difficile, che ti può uccidere, ma che si è svelata e, se sai cogliere i segnali, si può affrontare. Occhi aperti, orecchie tese. Mano sul freno e gambe pronte a frenare e rilanciare. Camion dell’Amsa? Occhio che appena ti avvicini salta giù l’operatore del predellino e te lo carichi in spalla. (rallenta, guarda se ne scende uno o due, piuttosto passa sul marciapiede, fatti vedere). Taxi che frena e accosta? Occhio che come minimo fa inversione, non superare o palesati per bene. Coda all’incrocio? Occhio che se stai a destra quelli che devono girare a destra di sicuro non ti vedranno e rischi che ti stirano. Stai in mezzo, fatti vedere. In tutto ciò, nel personalissimo delirio che popola quelle giornate, non c’è nessuna premeditazione. Pare ovvio, ma è il caso di sottolineare che la sbadataggine, il sonno, la voglia di fare in fretta, non hanno nulla a che vedere con l’omicidio. Ma sono a un passo, quando guidi un suv da due tonnellate nel traffico. Nessuno si sveglia al mattino e facendo colazione pensa ‘cazzo figata oggi mi stiro un bel ciclista’, ma basta che ti fai distrarre da un gattino o dalla chat del calcetto per farmi male. Basta che apri la portiera a cazzo perché sei in ritardo, per farmi schiacciare dal tram dietro di me. A te ciclista dico che in quelle mattine devi dimenticare il telefono in tasca, stringere forte il casco e i guanti, scordarti la musica nelle orecchie, la presa bassa e il tempo di arrivo. Se non vuoi una bici bianca da cavalcare per l’eternità.
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