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    Lo sport italiano!

    http://www.indiscreto.info/2014/01/lultimo-lancio-di-tamara.html L’ultimo lancio di Tamara di Stefano Olivari Tamara Apostolico ha lasciato il lancio del disco e l’atletica nel settembre del 2013, al termine di una vicenda grottesca che bene spiega i criteri con cui vengono spesi i soldi pubblici in Italia. *Questa la sua testimonianza diretta di pochi giorni fa su atleticalive.it, segnalataci da Stefano, che ci permette di parlare per l’ennesima volta dei gruppi sportivi militari. Alla vigilia oltretutto dei Giochi Invernali di Sochi, quando il telespettatore dovrà sopravvivere al solito mitragliamento di ringraziamenti del biathleta o del pattinatore all’arma, al colonnello, al sergente, alla federazione, eccetera. La storia della discobola friulana (è nata sì a Trieste, nel 1989, ma ha sempre vissuto ad Udine dove si è anche laureata in mediazione culturale) è molto particolare, perché nei corpi sportivi militari entrano anche atleti che fanno fatica ad avere una dimensione italiana. Non sono discorsi da bar, ma tempi e misure. Invece lei, talento precoce con grossi risultati internazionali giovanili (su tutti un bronzo agli Europei juniores di Hengelo 2007), finalista europea assoluta (a Helsinki), campionessa italiana e addirittura con il minimo B (ottenuto con il suo personale: 59,50) per la partecipazione ai Giochi di Londra, ha preso solo porte in faccia. In maniera indiretta le avevano fatto sapere che non era piaciuta la sua scelta di qualche anno fa, di passare periodi di allenamento prima in Romania (per seguire il suo grande modello Nicoleta Grasu: carriera eterna con l’highlight dell’argento mondiale a Edmonton 2001) e poi in Ungheria. In maniera indirettissima quindi l’accusa era quella di doping, secondo l’equazione ‘paese dell’Est uguale doping’: di sicuro in Ungheria era stata seguita da Adrian Annus, il martellista di cui si ricorda la squalifica (per la precisione non fu trovato positivo, ma beccato ad usare l’urina di un altro con l’immancabile pene finto da Magic America) ai Giochi di Atene 2004 dopo aver vinto l’oro, il che non significa che chi si è allenato per qualche settimana con lui sia dopato. Allora per fugare ogni dubbio la Apostolico è tornata nel 2012 ad allenarsi in Italia, fra l’altro anche in centri sportivi federali e sotto l’occhio di tecnici e medici FIDAL, ma questo non è bastato. Non potendo più accusarla di doping, il colonnello della situazione le ha spiegato di non poterla tesserare perché priva di visibilità e oltretutto, crimine gravissimo in Italia, nemmeno raccomandata. Quando i gruppi sportivi militari esistono proprio per poter dare uno stipendio ad atleti professionisti privi di visibilità e mercato, ma con qualche prospettiva internazionale. * http://www.atleticalive.it/1214/tamara-apostolico-la-vera-storia-raccontata-da-lei-ecco-come-vengono-trattati-i-talenti-in-italia/ Tamara Apostolico, la vera storia raccontata da lei: ecco come vengono trattati i talenti in Italia Ciao o buongiorno, non so se è meglio dare del tu o del lei in queste situazioni. Sono Tamara Apostolico e ci terrei a rispondere in merito all’articolo che è stato pubblicato e a far sapere che fine ho fatto. Quell’articolo è stato scritto al mese di maggio se non ricordo male, ora mi prendo la briga di raccontare tutto perché era un sassolino che già da tempo volevo togliermi dalla scarpa. La mia disavventura nell’atletica italiana è iniziata ben prima, nel 2007 quando ho vinto la prima medaglia europea per l’Italia nel lancio del disco, e a 18 anni speravo che dopo titoli e record italiano avrei avuto la possibilità di esprimermi da professionista come avrei ben sperato. Invece mi sono vista sorpassare da atleti ritenuti “talenti” ma che a mala pena riuscivano ad ottenere il minimo di qualificazioni alle rassegne internazionali. Passati due anni di travagli personali nel 2010 ho deciso di prendere la strada degli studi ma soprattutto, per volontà personale, ho scelto di andare ad allenarmi in Romania. Quello stesso anno sono arrivata sesta ai campionati europei u23 (dove ci terrei a sottolineare che ho gareggiato con un’influenza intestinale) e la settimana dopo ho lanciato a 2 cm dal record italiano, per 2 volte nel giro di due gare differenti. La stagione del 2011 è stata un po’ la mia riscossa personale, nonostante dal mese di marzo abbia dovuto allenarmi in maniera centellinata a causa di fastidiose borsiti ad entrambi i tendini d’Achille: potete chiedere a Nicoleta Grasu e al ct della nazionale rumena testimonianza di questo. Fatto sta che i miei risultati non sono bastati, e nel 2010, anno in cui io ero ai box, una discobola è entrata in un gruppo sportivo con una sola stagione fatta con prestazioni nettamente inferiori e con un titolo italiano (non assoluto) vinto. Arriviamo quindi a fine del 2011. Dopo che ad un altro gruppo sportivo mi avevano detto che avrebbero preso gente che sarebbe andata alle Olimpiadi del 2012 (cosa che puntualmente non successe nel 2012) ho deciso di andare in Ungheria per allenarmi e fare solo quello per provare a fare il minimo per le Olimpiadi. E’ stata una scelta cui sono stata anche costretta, considerato che era anche l’unica soluzione a poche ore da casa dove mi sarei allenata con gente di esperienza e di livello senza spendere una cifra esorbitante, visto che a pagare erano i miei genitori, e non sono figlia di benestanti: mio padre è un ex poliziotto e mia madre una casalinga. Arriva il 2012. Ottengo 59,50 a Spalato (minimo B per Londra); gareggio a Praga arrivando terza e davanti alla medaglia di bronzo di Atene 2004 e davanti alla Wisniewska, terza agli europei 2010. Gareggio ad Hengelo, Zagabria; ai campionati italiani di Bressanone, quando invece sarei potuta andare alla tappa di Parigi della Golden League. Arrivo in finale agli Europei: ricordo che era dai tempi della Maffeis che una discobola non andava in finale, eppure questo non è bastato per una convocazione alle Olimpiadi, per cui bisognerebbe aprire un’altra discussione, ma soprattutto, sono stata accusata di essere andata all’estero per doparmi e questo era il motivo per cui i gruppi militari non mi avrebbero preso. Sottolineo che a luglio, nel corso dei campionati italiani juniores, mi era stato detto dal responsabile di un gruppo sportivo che sarei entrata. Questo da giugno a settembre si è tramutato da un sì, ad un forse. Mi era stato detto di richiamare, cosa che ho fatto ogni mese fino a gennaio per poi sentirmi dire “no”. Ah e tra le voci di corridoio, oltre al fatto che mi dopassi era uscito che non sarei entrata perché la mia società era “amica” di Arese. Quindi pure la beffa. Così ad ottobre 2012 prendo le mie cose e scendo ad allenarmi a Roma, in una caserma di un altro gruppo sportivo, unico posto dove la Fidal mi avrebbe pagato vitto e alloggio. Ad ottobre sono scesa a Roma, dove mentre mi allenavo c’erano atleti che giocavano a calcio-tennis (pratica molto comune a quanto pare). E parlo di atleti pagati per allenarsi, che stavano lì e che, oltre a rischiare di infortunarsi loro stessi, hanno rischiato in più di una circostanza di far infortunare gli altri, perché spesso mentre lanciavo al coperto o facevo pesi, mi son trovata un pallone tra i piedi. Non vorrei che questi fossero tutti gli atleti italiani. Così, una volta lì a Roma, ho chiesto al Presidente della Fidal di essere aiutata per entrare nei gruppi sportivi, cosa che mi era stata promessa assieme ad una borsa di studio. In due mesi è stato il solo Laurant Ottoz ad interessarsi della mia situazione: ha parlato con tutti i gruppi sportivi militari e quello che se n’è cavato fuori è stato più o meno un “vedremo, c’è crisi, non ha visibilità”. Questo mi ha fatto riflettere: perché dipende da me la visibilità? Credevo fossero importanti i risultati, non il fatto che bisognasse lanciare in top e mutande per attrarre ammiratori… Ma il colmo è arrivato quando mi è stato detto “non sei raccomandata, quindi in tempo di crisi è così, o fai un risultato a livello mondiale o resti lì“. La cosa oltre ad avermi fatto arrabbiare (e molto) mi ha fatto anche capire come mai un’atleta da 1105 punti da tabella IAAF, si sia vista passare avanti da fantomatici atleti o da chi resta dentro i gruppi sportivi militari facendo la gara del paese organizzata appositamente per fare un risultato da 950 punti. Dall’esperienza romana ho iniziato a comprendere come in un gruppo sportivo, a parte pochi davvero (che ci sono per fortuna) sono e saranno sempre premiate le persone di “compagnia”, gli atleti che fanno gruppo e sono simpatici. E così a marzo mi sono ritirata perché di fare la vita di atleta come ho sempre ammirato dell’est Europa, attenta ad alimentazione, riposo, allenamento, ed essere additata come antipatica a causa del mio impegno, mi ha portato all’esasperazione. Non si vive di gloria nè di aria. A marzo ho preso e sono tornata a casa dove mi sono laureata in mediazione culturale per le lingue dell’Europa orientale con 102, e a maggio ho iniziato a lavorare. Ho provato per un certo periodo ad allenarmi, ma ero esausta: il fisico si è rifiutato e a settembre ho fatto una gara per chiudere la mia breve carriera. In tutto questo ho ricevuto una telefonata dal Presidente della Fidal, sotto richiesta del presidente della mia ex società, un’email da parte del responsabile del settore-disco in cui mi si proponeva di andare a Grosseto ad allenarmi e per il resto zero. Io avevo chiesto una sola cosa, di ricevere uno stipendio per poter sopravvivere, mai ricevuto nulla di tutto ciò. L’unica persona che mi è stata vicino è stata la mia manager, Chiara Davini, per il resto posso affermare che se n’è completamente fregato. A quelli che pensano che io mi dopassi vorrei dire una cosa: a 18 anni lanciavo 52 metri, e potevo già fare qualcosa di più; a 22 anni lanciavo 55 metri zoppicando; a 23 anni mi allenavo mattina e pomeriggio: ogni giorno con neve pioggia e spesso vento, stavo in un ambiente stimolante e soprattutto passavo ore a lanciare ogni giorno per correggere la tecnica: quindi per cortesia al posto di additarmi, consiglierei a tutti di aggiornarsi un po’ e di vedere come i veri campioni si allenano in altre nazioni. In Italia siamo indietro anni luce rispetto ad altre nazioni e soprattutto la mentalità è completamente diversa: ci si allena per ottenere risultati non per passare il tempo, e le parole “non ho voglia o non mi va” non esistono nel vocabolario degli atleti esteri. Provare per credere. Non mi sono mai reputata un’atleta migliore di altre e mi sono sempre ritenuta una persona dal carattere difficile, questo carattere così tosto, mi ha però portato a scegliere strade difficili, perché in pochi credo sanno cosa vuol dire vivere in un paesino all’estero in cui solo 5 persone capiscono l’inglese e per il resto non si ha la possibilità di comunicare con nessuno… perché nella mia esperienza c’é anche questo. Ricordo che ho lasciato casa a 20 anni e non di certo per un Paese in cui sarebbe stato facile vivere. Nella mia breve carriera ho fatto le mie scelte motivate dalla voglia di diventare qualcuno. La mia colpa? Il fatto che non abbia mai voluto dire Sì signore, ma ho scelto di sudare da sola e con il mio team per i risultati. Ho pagato di persona la scelta di andare all’estero ad allenarmi senza chiedere il permesso, e questo sicuramente mi ha reso indipendente ed invisa alla federazione perché non ci si è potuti avvalorare il merito dei miei successi. E questa é una cosa che non cambierò né cambierei mai di me. Preferisco e preferirò sempre sudare per i miei piccoli risultati piuttosto che dire grazie a qualcuno per avermi fatto ottenere qualcosa. Io comunque resto disponibile per chiunque avesse voglia di chiedere e di sapere qualcosa in più, non ho l’arroganza di sapere, ho solo l’umiltà di condividere per crescere. Grazie ancora per avermi dedicato il vostro spazio e soprattutto per esservi ricordati di me. Tamara Apostolico
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